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Ricattata dal gioco (9)


di solisoli59
18.06.2024    |    5.831    |    6 9.3
"Come di abitudine, non si tratta di professioniste, ma di signore che provengono dalla migliore società..."
Il giorno dopo, Irene de Sentier arrivò al circolo all’ora esatta e venne ricevuta dal braccio destro del direttore che le spiegò, a nome di quello, che cosa l’aspettava.
“Un autista l’accompagnerà in un luogo dove lei è attesa. Non abbia alcun timore. Il signor Kouhana sarà presente e veglierà che tutto si svolga nella maniera più... conveniente .”
L’uomo aprì una porticina nascosta che immetteva in un ascensore. Piena di angoscia, Irene lo seguì fino ad un garage sotterraneo dove l’autista aspettava accanto ad una grossa Mercedes nera.
“Salga. la prego. Non abbiamo molto tempo. Alle persone da cui stiamo andando non piace aspettare,”
le disse l’ autista.
“Che persone ?”
Ma non ci fu risposta. Irene prese posto sull'ampio sedile di pelle dell’auto e l’autista, un tipo dalla muscolatura possente,
i capelli biondi e la mascella quadrata chiuse rispettosamente la portiera dietro di lei poi si mise al volante ed avviò il motore.
Usciti in strada, dopo aver percorso un certo tratto, l’autista aprì il microfono che consentiva di comunicare attraverso il vetro che isolava la parte posteriore della vettura dicendo,
“La prego di avere pazienza. Stiamo andando ad un indirizzo molto privato. Sarà meno sgradevole che doverle bendare gli occhi. Si rilassi, non ha nulla da temere... whisky e champagne sono a sua disposizione nel mobile bar.. .”
Appena pronunciate queste parole, il vetro che isolava la parte anteriore della vettura si oscurò così come quelli laterali ed il lunotto posteriore. Presa da un terrore incontrollabile, Irene cominciò a battere coi pugni conto il cristallo che la separava dal conducente ma riuscì solo a farsi male alle mani. Tentò anche di sbloccare la sicura delle portiere ma senza successo. Allora si raggomitolò sul sedile folle di inquietudine.
Dopo una mezz’ora, il veicolo si fermò e l’autista, sempre ossequioso, la fece scendere. L’auto era stata parcheggiata davanti ad un grande edificio di forma quadrata, circondato da alberi centenari, perduto nel mezzo di un immenso parco.
Irene seguì l’uomo all’ interno della casa e poi venne introdotta in un ampio salotto tutto tappezzato di velluto al centro del quale troneggiava un immenso tavolo circondato da quattro poltrone. Tre erano già occupate da delle donne che, sentendola entrare, girarono nello stesso tempo la testa verso di lei, ed Irene lesse nei loro occhi la sua stessa inquietudine.
La prima donna era una rossa dalle forme prorompenti. La seconda una nera sui vent’anni di una bellezza perfetta. L’ultima, sulla trentina, era bionda tanto quanto Irene era scura di capelli.
“Dove mi trovo ?”Chiese guardandole nella speranza di una risposta.
“Mia cara, ne sappiamo quanto lei,” rispose la nera incrociando le lunghe gambe.
La ragazza aveva appena finito quella frase che entrò Kouhana.
“Ah, signora de Sentier, si è fatta un po’ aspettare! Non importa, comunque. Se siete d’accordo,
è il momento di conoscerci meglio...”
Il grasso libanese si portò dietro al grande tavolo e continuò con cortesia ipocrita.
“La nostra ultima arrivata è la signora de Sentier.
Questa è la signora Simona Marvelle, - indicò la bionda, - "e questa è Miss Angelina,” fece un piccolo cenno in direzione della giovane nera e poi si voltò verso la rossa dicendo: “ E infine qui abbiamo la signora Lemoine.”
Ci fu una breve pausa e poi il grassone riprese. “Care signore, siete tutte in questo luogo per lo stesso motivo. Vi siete fortemente indebitate al gioco ma non avete modo di saldare il vostro debito. Noi vi daremo la possibilità di guadagnare il denaro che ci dovete lavorando per la nostra casa. Vi trovate in questo momento in un casinò clandestino. I giocatori che lo frequentano hanno bisogno di essere intrattenuti nella migliore maniera possibile. Questo sarà il vostro compito, signore! I nostri clienti sono persone molto ricche che giocano e perdono grosse somme e noi vogliamo vederli uscire di qui con il sorriso sulle labbra. Voi dovrete solo soddisfare tutti i loro capricci...”
Kouhana tacque per giudicare l’effetto delle sue parole. Le quattro donne erano sconvolte, i loro volti erano divenuti lividi, le labbra contratte dall’angoscia.
Kouhana appoggiò le mani grassocce sul ripiano del tavolo.
“Naturalmente, se qualcuna decide di rifiutare la nostra proposta sarà immediatamente riaccompagnata in città. In questo caso, tuttavia, non le saranno offerte altre possibilità di riscattare il debito e la minaccia che pesa su di lei sarà messa immediatamente in esecuzione. Tocca a voi decidere, signore, la vostra scelta è libera...”
Le quattro donne erano atterrite. Nessuna però osò fare la più piccola obiezione.
“Perfetto - riprese Kouhana,- vedo che avete capito dove si trova il vostro interesse. A partire da questo momento, siete delle mie impiegate ed io non tollererò alcuna mancanza di disciplina ! Se i miei clienti saranno soddisfatti dei vostri servizi, vi lasceranno delle mance, delle grosse mance. La casa ne preleverà il cinquanta per cento. Quello che rimane vi servirà per pagare il vostro debito...”
Le quattro sfortunate compresero perfettamente quanto fosse infame l’accordo che il grosso libanese proponeva loro, ma che avrebbero potuto fare se non piegare il capo ? Non avevano nessun altra possibilità.., erano in trappola !
“Bene, signore,” disse a questo punto Kouhana con un gesto autoritario. “Adesso alzatevi e toglietevi i vestiti. Dovrete passare un piccolo esame di ammissione...”
Quest’ordine brutale fece fremere di angoscia le poverette che si guardarono fra loro come per trovare un po’ conforto ma non si mossero. Il libanese batté il pugno sul tavolo.
“Ubbidite, o vi faccio riportare immediatamente a casa vostra !”
Timidamente, Angelina, la giovane nera, si alzò in piedi. Allora le altre la imitarono ma anche questa volta nessuna fece il gesto di togliersi l’abito. Poi, però, sotto lo sguardo feroce di Kouhana le quattro donne cedettero e si levarono il vestito.
“Anche il resto, svelte. I clienti stanno aspettando!” disse il libanese.
Voltandosi di schiena, come per nascondersi le une alle altre, le poverette si tolsero il reggipetto e gli slip mentre Kouhana godeva del loro imbarazzo.
“Vi prego, signore, i clienti apprezzano la timidezza delle novizie ma non più di tanto ! Su, mettetevi in fila davanti a me con le mani dietro la nuca e mostratemi bene le vostre anatomie.”
Comprendendo che era inutile discutere, le donne ubbidirono. Kouhana premette un bottone rosso che si trovava a destra del tavolo ed immediatamente l’autista che aveva trasportato Irene entrò nella stanza. L’uomo osservò il quartetto con un sorriso goloso insistendo con lo sguardo sul loro ventre e sul loro seno, come a sottolineare la loro sottomissione.
“Luciano! Prendi i vestiti delle signore e porta le tenute,” ordinò il libanese.
Poi, come si passa in rivista una truppa, esaminò le quattro donne fermandosi davanti a ciascuna per soppesare un seno o palpare una coscia. Giunto davanti ad Irene, con un gesto brusco, le sciolse la crocchia.
“Questa pettinatura è troppo da donna perbene. I miei clienti preferiscono qualcosa di più eccitante! “
Alla rossa polposa, si divertì a pizzicare i capezzoli per farli erigere. Non contento la complimentò volgarmente per le sue forme.
“Signora Lemoine, le sue zinne ed il suo grosso culo faranno la delizia di alcuni dei frequentatori di questa casa da gioco che amano le femmine bene in carne! “
Tutto questo avveniva sotto lo sguardo vizioso dell’ autista che godeva apertamente della vergogna delle poverette che tremavano di umiliazione. Alla fine, Kouhana indicò il grande tavolo con un gesto della mano.
“Stendetevi qui sopra di schiena, signore, con le gambe penzoloni dal ripiano.”
Le quattro, abbassando la testa mortificate, ubbidirono senza discutere costrette, per arrampicarsi sul tavolo, ad assumere pose oscene che scoprivano il loro sesso ed il loro ano. Una volta salite si sdraiarono con le gambe ben strette.
“Aprite le cosce, è necessario che verifichi se siete tutte sane. I miei clienti devono stare tranquilli! La nostra è una casa seria!”
Kouhana trascinò una sedia davanti ad Irene e si sedette fra le sue gambe. Morta di vergogna, lei sentì che l’uomo le infilava il pollice e l’indice fra le labbra della vulva e gliele scartava ai lati. Sentendo male si lasciò sfuggire un gemito.
“Ecco un punto molto sensibile! Ma non si dia pena, cara signora, i miei clienti se ne occuperanno quanto prima.”
Brutalmente le infilò l’indice nella vagina facendolo girare come una vite.
“Mi sembra tutto a posto, qui. Lei è pronta per il servizio, cara de Sentier.”
Senza togliere il dito dalla vagina, l’uomo schiacciò brutalmente la clitoride di Irene con il polpastrello del pollice e lei, provando dolore, cercò di allontanarlo con un piede. L’omaccione si infuriò.
“Signora de Sentier, la smetta con questa commedia e stia ferma. Non glielo dirò una seconda volta!”
Alla fine ritirò il dito e si spostò con la sedia fra le cosce di Angiolina alla quale fece subire lo stesso trattamento umiliante. L’interno della vulva rosata della nera contrastava con il colore scuro della sua pelle. Kouhana fece andare e venire il suo dito grassoccio fra le grandi labbra dell’ africana che si stava bagnando suo malgrado. Intanto, Luciano, l’autista, si era avvicinato al tavolo con la sua aria viziosa per osservare ciò che faceva il suo padrone. Sconvolta, Angelina fissava il soffitto e si mordeva le labbra sforzandosi per non essere costretta a godere sotto quei palpeggiamenti indecenti. L’indice di Kouhana entrava ed usciva dalla sua figa con un rumore di bagnato, simile ad una grossa salsiccia, mentre le altre tre donne guardavano, terrorizzate, trattenendo perfino il respiro per paura di attirare l’attenzione del libanese che, intanto, commentava ad alta voce ciò che stava facendo, insistendo sui dettagli scabrosi.
“Ecco qui una ragazza che non controlla i propri succhi vaginali. Guarda anche tu, Luciano, come si bagna la piccola anche se la tocco appena. Queste nere hanno veramente il fuoco al culo. Sono sicuro che Angelina avrà un successo strepitoso con i nostri clienti, soprattutto quelli che apprezzano i frutti esotici.”
Kouhana masturbò l’africana ancora per qualche istante, ma la lasciò prima che arrivasse all’orgasmo per occuparsi di Simona Marvelle. La bionda lo guardò chinarsi sul suo pube con gli occhi pieni di paura. Il grassone le scartò i peli del pube alla ricerca della clitoride e, trovatala, gliela pizzicò strappando alla poveretta un singhiozzo di umiliazione. Tirandole poi le labbra della passera ai due lati le spalancò completamente la vulva.
“Ed eccone qui una che invece non si bagna molto! Questo non va. Ci tengo a che le mie sottoposte siano sempre pronte a ricevere come si deve i miei clienti! Bisognerà mediare alla cosa...”
Avvicinò la bocca all’inguine della donna e cominciò a leccarle la clitoride e quella, ben presto, prese ad agitare i fianchi. La donna protestava, si lamentava balbettando ma non poteva impedire che il piacere cominciasse a gonfiarle il ventre. Dopo un po’ il libanese le aspirò tutto il grilletto succhiandolo con vigore mentre l’altra si contorceva sul tavolo ormai senza controllo, piena di vergogna per l’orgasmo che stava per travolgerla. Di colpo, però, il libanese allontanò la bocca e aprì la vulva con le mani come per giudicare il proprio lavoro.
“Così va meglio. Ecco quello che io chiamo una fica ben oliata!”
Toccò poi alla prosperosa signora Lemoine essere ispezionata ad anche in questo caso l’autista si avvicinò per godersi lo spettacolo.
“Mi piacciono le rosse perché hanno delle passere con un odore molto più pronunciato delle altre femmine,” commentò il libanese intrufolando la mano fra i peli del pube della donna ed appiattendoli per mettere a nudo la fica.
La rossa aveva le labbra del sesso lunghe e un po’ pendenti. Kouhana si piegò e con la bocca cominciò a lavorargliele con grandi colpi di lingua, soffiando come un porco. Quando si raddrizzò aveva sul volto un sorriso soddisfatto.
“Un vero gioiello, signora Lemoine! Lei ha fra le cosce la figa più grassa che abbia mai conosciuto. Con quel suo seno da vacca da latte e quel culo da giumenta ed una sorca così gustosa riceverà, di sicuro, delle mance
favolose! “
La donna divenne di fuoco a questo odioso complimento e chiuse gli occhi per non incrociare più lo sguardo dei due uomini. Intanto le altre poverette, rosse anche loro di vergogna, avevano stretto di nuovo le gambe per cercare di nascondere, per quanto possibile, i propri sessi. Kouhana, però, non aveva terminato la sua ispezione. Con un sorriso cattivo disse:
“C’è ancora un dettaglio che devo verificare. Avanti, scendete di lì, voltatevi appoggiando il petto sul ripiano del tavolo e presentandomi il culo! “
Quasi sollevate, per non essere costrette a guardare in faccia i loro carnefici, le donne ubbidirono. Soddisfatto, il libanese contemplò quello stimolante allineamento di sederi sporgenti ed abbondati ad eccezione di quello di Angelina che era smilzo come quello di un ragazzo.
“Avanti, signore, prendetevi le chiappe con le mani e apritevele. Voglio vedere anche i vostri ani per capire se anche lì tutto è a posto.”
Poiché le donne non ubbidivano abbastanza in fretta, il libanese rifilò a due di loro uno sculaccione con la sua grossa mano. Poi, una volta che, terrorizzate, le poverette si furono messe in posizione i due uomini si avvicinarono per esaminarle. La rossa aveva un solco profondo e pieno di peli mentre Angelina era completamente glabra ma l’anello del suo ano spiccava come in rilievo simile al cratere di un Vulcano.
“Luciano, occupati tu della bionda e della rossa mentre io Ispeziono le altre due,” disse Kouhana.
Irene ebbe un brivido di disgusto quando il grassone le si avvicinò e le infilò un dito in bocca. Poi, tiratolo di nuovo fuori, l’uomo glielo piantò nel culo ed alla poveretta parve che qualcuno le avesse infilato un tizzone ardente nel retto tanto quella penetrazione le fece male. Senza preoccuparsene minimamente, il libanese le girò a vite il dito nell’intestino piegandolo come se cercasse di agganciare qualcosa.
Questa penetrazione umiliante e dolorosa durò a lungo. Poi Kouhana liberò Irene e fece subire lo stesso trattamento ad Angelina. Intanto, Luciano esaminava a sua volta le altre due donne.
Alla fine, il grosso libanese prese di nuovo posto dietro al grande tavolo, fissando in volto le sue vittime e parlando loro con il solito tono ipocritamente rispettoso.
“Mie care amiche, ho il piacere di annunciarvi che avete tutte passato, con successo, l’esame di ammissione e potrete indossare le vostre tenute.”
Poi, rivolto alla rossa le disse dandole inopinatamente del tu.
“Invece, tu resterai nuda. O almeno infilati soltanto il reggicalze e le calze. Voglio che si possano ammirare le tue forme sontuose. Adesso andate tutte nel gabinetto del trucco a mettervi belle. Dovete farlo tirare ai nostri clienti il più possibile!” Le donne lasciarono la sala in silenzio, a testa bassa e con le lacrime agli occhi, spezzate fisicamente e moralmente.
Ritornarono tutte insieme come a trovare conforto l’una nell’altra ma solo per accorgersi che gli esami umilianti non erano ancora finiti. Infatti Kouhana ordinò:
“Mettetevi in fila davanti a me che veda come state in questo nuovo abbigliamento.”
Come automi, quelle ubbidirono. Ad eccezione della signora Lemoine, la rossa, tutte le altre indossavano una tenuta nera come quella delle pattinatrici, con il davanti aperto che lasciava il seno completamente nudo. Il gonnellino era così corto che si poteva vedere benissimo che sotto non portavano le mutandine. Un paio di calze a rete autoreggenti, delle scarpe con il tacco a spillo ed un collare da cane intorno al collo completavano l’abbigliamento.
I due uomini le contemplarono in silenzio, godendo del l’imbarazzo delle loro vittime. Luciano si piegò addirittura per spiare sotto le loro gonne. Poi Kouhana si divertì a farle girare su se stesse per poter meglio giudicare sull’effetto prodotto quando le sottanine si sollevavano sulle natiche nude.
“Molto grazioso tutto questo. Vestite così li farete sbavare, ai nostri cari clienti. Non potete dire che non vi aiutiamo a guadagnare delle buone mance!” affermò con un sorriso soddisfatto. Poi, dopo aver fissato qualche secondo Simona Marvelle ordinò rivolto all’autista.
«Luciano, il rasoio! Alcuni dei nostri clienti amano molto le femmine con la fica liscia e noi dobbiamo accontentare tutti. Rasa la signora Marvelle.”
A queste parole, la donna credette di svenire. Co lo sguardo supplice si precipitò verso il libanese.
“No, la prego! Prenda un’altra! Che cosa dirò a mio marito?”
L’autista, intanto, aveva tirato fuori da un cassetto una bomboletta di sapone spray, un paio di forbici ed un rasoio. Battendo la mano sui ripiano del tavolo disse in un modo che non aveva nulla del finto rispetto del suo padrone:
“Su, mia bella, monta qui sopra che ti faccio la barba alla fica!”
La donna si mise a piangere e Kouhana divenne minaccioso.
“Le ricordo che se non ubbidisce informeremo immediatamente suo marito delle sue perdite al gioco.”
In lacrime, Simona Marvelle si risolse a piegarsi al suo destino. Davanti alle altre tre compagne di sventura che la fissavano terrorizzate, si distese di schiena sul tavolo con i piedi nel vuoto e le gambe aperte. L’autista accostò una sedia e le si mise di fronte e, con le forbici, le tagliò i peli del pube facendoli cadere per terra. Poi copri la parte con il sapone spray e, mentre quella tremava di vergogna, le avvicinò il rasoio al monte di Venere.
“Smettila di muoverti o finirò per tagliarti,” le disse.
Spaventata all’idea di essere ferita, la povera signora Marvelle si immobilizzò e quando Luciano avvicinò di nuovo il rasoio, allargò ancora di più le gambe per rendergli la cosa più facile. L’uomo la rasò con mano esperta partendo dal l’alto del pube e scendendo verso l’inguine, infilando le dita nella fessura della donna per far sporgere bene le grandi labbra in maniera da evitare ogni possibile dimenticanza. Per terminare, le spalancò le natiche e soppresse anche i rari peli che le contornavano l’ano. Alla fine si tirò un po’ indietro per ammirare il suo lavoro.
Nella stanza regnava un pesante silenzio mentre le altre donne guardavano sconvolte cosa era accaduto alla loro compagna di sventura e ringraziavano il cielo che non fosse toccato a loro. Kouhana parlò di nuovo.
“Molto bene. Adesso, signora Marvelle, a titolo di assaggio, Luciano la chiaverà e lei faccia del suo meglio per assecondarlo, anche per ringraziarlo di averle rasato la fica.”
A questa minaccia brutale, la donna riprese a singhiozzare. Certo, sapeva perfettamente che prima o poi sarebbe dovuta andare a letto con qualcuno ma si immaginava che questo sarebbe avvenuto in privato, nell’intimità di una stanza, dove poter salvare almeno la faccia. Il pensiero che quel l’orrido autista l’avrebbe fottuta a gambe larghe sul tavolo davanti a tutti le parve insopportabile. Cercò di rialzarsi dalla sua posizione ma già Luciano si era estirpato l’uccello dalla patta e, con un violento affondo, l’aveva penetrata.
La povera signora Marvelle sentì quella verga dura farsi largo fra le sue ninfe e poi cominciare ad andare su e giù dentro di lei, calda e pulsante. Disperata, girava gli occhi a destra ed a sinistra in cerca di aiuto ma le sue compagne dì sventura non potevano fare nulla per lei. Terrorizzate a loro volta, se ne stavano immobili e raggruppate come per proteggersi, fissando lo spettacolo dell’umiliazione della Marvelle, sapendo che prima o poi sarebbe toccata anche a loro.
Per la poveretta, però, non era ancora finita, anzi era solo l’inizio. Kouhana, infatti, si apri la cintura e si calò di un colpo i calzoni e le mutande, rivelando l’enorme deretano tremolante dì grasso e la pancia prominente da sotto la quale si ergeva un grosso fallo largo quasi come il tappo di una damigiana.
“Adesso cara signora, non faccia storie,” disse il libanese salendo a sua volta sul tavolo, i grossi testicoli che ondeggiavano penduli come mammelle di vacca. “Si ricordi che è qui di sua spontanea volontà e che se si ribella suo marito sarà informato oggi stesso del suo debito di gioco...”
Poi, mentre la donna sconfitta rompeva in singhiozzi ancora più forti, il grassone le si mise sopra con le cosce simili a rami di quercia disposte ai due lati del suo volto e le premette il glande scoperto, rosso e umido, contro le labbra finché la donna fu costretta ad aprirle e lui le infilò in bocca tutto il suo fallo fino alla radice mormorando con voce rauca:
“Succhia, troia! “
Fra le lacrime, quella, mezza soffocata, si sforzò di ubbidire, incavando le gote per aspirare quella verga gigantesca che le deformava il volto e muovendo la testa in su ed in giù per quanto glielo consentiva la sua posizione. Era uno spettacolo veramente osceno; l’autista che sprofondava nella fica della vittima riversa sul tavolo a gambe larghe e il grosso libanese che le pompava la bocca inginocchiato sul suo viso! Percorse da brividi di paura e di disgusto, ma loro malgrado anche da una perversa eccitazione, le altre tre non osavano neppure fiatare.
Per un po’, simile ad uno strano animale a sei zampe e sei braccia, il trio si mosse in su ed in giù. Di colpo, però, Kouhana si strappò dalla bocca della donna piroettando con un’ agilità insospettata che già Irene aveva avuto modo di notare, sul bordo del tavolo e, sollevata come un fuscello la sua vittima da sotto le natiche con le sue gigantesche mani, sempre però lasciandola impalata sul cazzo dell’autista che continuava a pomparla, si sedette sotto di lei e se la fece scendere con il culo sull’uccello, penetrandola nel retto con un crudele affondo.
Ora la poveretta era schiacciata a sandwich fra i due uomini che la chiavavano e la inculavano ansimanti con un movimento ritmico e coordinato. Ad ogni colpo di reni, la testa della Marvelle era spinta all’indietro o proiettata in avanti, a secondo che l’affondo avvenisse nella fica o nel culo.
La donna singhiozzava con gli occhi e la bocca spalancati mentre i due bastoni di carne la limavano umidi e pulsanti nei due fori, quello dell’ano slargato al massimo dall’enorme pistone del libanese.
D’un tratto, con un muggito , Kouhana si immobilizzò scuotendo tutto il suo grasso. Con un brivido le tre donne, spettatrici inerti di quello scempio, si resero conto che stava sborrando nel retto della povera signora Marvelle! Un istante dopo anche l’autista, abbandonandosi ad un grugnito di piacere, venne nella fica della poveretta. Il peggio fu però il comportamento della donna che, pur fra le lacrime e suo malgrado, buttò indietro la testa e, passandosi la lingua sulle labbra, godette con gli occhi rivoltati nelle orbite decretando con questo la sua umiliazione definitiva.
Poco più tardi, quando la Marvelle, tornò dalla toilette dove, tutta gocciolante di sperma, era stata mandata a lavarsi ed a riparare il trucco, il perfido Kouhana guardò le quattro donne di nuovo allineate davanti a lui dicendo con un sorriso ironico:
“Bene, signore, credo che dopo questa lezione tutte, anche quelle che si sono limitate a guardare, abbiano imparato qualcosa. Ora siete pronte per fare la felicità dei miei clienti. Venite con me, per favore...”
A testa china, le quattro si incolonnarono dietro di lui e lo seguirono in un lungo corridoio fino alla grande sala da gioco.
“Cari amici, ecco i vostri nuovi giocattoli! Quattro magnifiche creature pronte a servirvi. Ce n’è per tutti i gusti e spero che saranno di vostro gradimento. Come di abitudine, non si tratta di professioniste, ma di signore che
provengono dalla migliore società. Non esitate a chiedere l’ impossibile e loro vi esaudiranno. Vi ricordo però che queste splendide donne non sono pagate, così fate in maniera che le vostre mance siano all’ altezza di ciò che domandate. Detto questo, buona fortuna e... buon divertimento!”
Terminato il suo discorso, Kouhana si voltò verso le quattro donne invitandole ad entrare nella sala da gioco.
“Su, datevi da fare! Girate fra i tavoli ma, soprattutto, mostratevi servizievoli, altrimenti sapete cosa vi aspetta!”
Spingendola con la sua grossa mano, il libanese costrinse Irene a fare il suo ingresso nel locale affollato e lei avanzò traballante, le gambe che quasi non la reggevano per la vergogna. I giocatori la divoravano con gli occhi e alcuni addirittura si chinavano per spiarla sotto il gonnellino.
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